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Polveri sottili: dall’aria alla nostra pelle

Polveri sottili: dall’aria alla nostra pelle

13.02.2021.

Secondo il Report “Mal’aria di città” 2021 di Legambiente, ben 35 capoluoghi di città italiani sono andati ben oltre i limiti stabiliti dalla legge per la concentrazione giornaliera di polveri sottili PM10, frazioni di materiale particellare con diametro inferiore ai 10 micron in grado di penetrare oltre la laringe. Allarmanti sono anche i livelli di PM2,5, in grado di arrivare fino agli alveoli polmonari, e di biossido di azoto (NO2). Le polveri sottili trasportano con sé anche composti come il benzene, derivante dal fumo del tabacco, gas di scarico di automobili ed emissioni industriali, metalli e IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), composti con riconosciuta capacità genotossica, ovvero di interferire con l’equilibrio genetico, e cancerogena.

Ogni anno, in Italia, sono circa 50mila le morti premature dovute all’esposizione eccessiva di tali inquinanti atmosferici: entrando nelle vie respiratorie, oltre alla loro capacità di indurre carcinoma polmonare, sono in grado di passare alla circolazione sistemica andando ad impattare salute vascolare compresa la componente cerebrovascolare.

Questi inquinanti, però, rappresentano una minaccia anche per la nostra pelle. In qualità di barriera esterna del corpo, essa è direttamente esposta a queste sostanze, offrendo loro una superficie media di 2mq. Anche in condizioni di integrità funzionale, non è un organo impenetrabile: i bulbi piliferi rappresentano delle soluzioni di continuità della barriera pelle, fungendo da veri e propri punti di penetrazione per l’ingresso dei pollutants.

Questo insulto alla barriera cornea si traduce in una serie di complesse reazioni a cascata a partire dalla produzione di ROS, specie reattive dell’ossigeno, che innescano stress ossidativo danneggiando componenti cellulari quali proteine, lipidi ed acidi nucleici. Calano anche i livelli di vitamine E e C, antiossidanti naturali dello strato corneo, ed in seconda battuta queste cellule danneggiate conducono ad una risposta infiammatoria, particolarmente importante a livello dei fibroblasti dermici, dove viene attivata la metalloproteinasi (enzima di degradazione del collagene) in risposta alla presenza di PM10. Ancora, l’inquinamento attiva i recettori della melanogenesi, oltre a rappresentare un insulto per l’intero microbiota cutaneo, indebolendo così la funzione barriera della pelle e peggiorando condizioni preesistenti come dermatite atopica, eczema, dermatiti allergiche ed acne. Le conseguenze di questi processi sono ben visibili nelle pelli cronicamente esposte: tono e colorito poco uniformi, perdita di elasticità dovuta a carenza di ossigenazione, tendenza alle iperpigmentazioni, impurità ed accelerazione del processo di invecchiamento cutaneo.

A partire da questa problematica molto attuale, il mondo della cosmesi da qualche anno a questa parte si è mobilitato per creare prodotti “anti-pollution”, ma di cosa si tratta davvero? Ad oggi non c’è ancora nessun protocollo standard disponibile per valutare le capacità antinquinamento di un principio attivo. Si può però ipotizzare, sulla base di recenti studi, che una cosmesi ecodermocompatibile possa venire in aiuto nella difesa da questi insulti ambientali. L’obiettivo è quello di mantenere in ordine la barriera cornea, solo così la si renderà reattiva e difensiva nei confronti delle aggressioni esterne. Principi attivi ben combinati tra di loro, sia di provenienza vegetale che da chimica verde, potranno diventare un valido aiuto per questo obiettivo: sarà però assolutamente necessario che le formulazioni antipollution saranno supportate da studi scientifici che ne validino l’efficacia ed il nostro auspicio è che l’industria cosmetica decida di allocare al più presto dei fondi mirati ad affinare lo sviluppo di prodotti appartenenti a questa categoria.

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