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Microplastiche nei cosmetici

Microplastiche nei cosmetici

03.11.2020.

La plastica oramai è parte della nostra quotidianità: avvolge gli alimenti, è parte delle fibre dei nostri vestiti, costituisce gli elettrodomestici, scarpe, penumatici, confezioni dei cosmetici e molto altro. Esistono però plastiche meno visibili, dette “microscopiche” che vengono rilasciate nell’ambiente senza possibilità realistiche di recupero totale.

Per approfondire l’argomento è necessario però capire che cosa sia “la plastica”. In realtà sono numerosi “materiali polimerici, che possono contenere sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurne i costi”1.

Dal punto di vista storico le materie plastiche fecero la loro comparsa a partire dal XIX secolo ma fu solamente a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso che i polimeri plastici sono entrati nelle case degli europei modificandone le abitudini. Infatti questi polimeri permettono la creazione di oggetti estremamente leggeri, infrangibili ma soprattutto economici. Fu una vera rivoluzione della quotidianità, ma anche dal punto di vista economico furono creati migliaia di posti di lavoro, che oggi in Europa superano il milione e mezzo.

L’ampia diffusione e fortuna dei polimeri plastici è da attribuire alla loro stabilità, ma oggi dopo oltre 60 anni di utilizzo massivo questa stessa stabilità ne causa l’accumulo non solo nelle discariche ma anche nell’ambiente.

Le microplastiche, secondo la definizione più comunemente accettata sono “particelle solide estremamente piccole (in genere di dimensioni inferiori a 5mm) composte da miscele di polimeri”2. Queste particelle possono essere intenzionalmente prodotte di questa dimensione, ed in questo caso parliamo di microplastiche primarie, come avviene nel caso delle microplastiche contenute nelle formulazioni cosmetiche, mentre nel caso in cui queste particelle si formino in seguito a processi degradativi (chimici, fisici o microbiologici) parliamo di microplastiche secondarie3. Di questa seconda tipologia, fanno parte i frammenti di pneumatici che si creno per l’attrito con l’asfalto, le fibre rilasciate dai vestiti durante il lavaggio, la degradazione di bottiglie ecc..

Sebbene le microplastiche siano un argomento di ricerca piuttosto recente esse sono state rinvenute in prossimità dei grandi centri abitati e produttivi in grandi quantità, ma anche in aree remote delle catene montuose4, nelle profondità oceaniche anche5 ma anche nei ghiacciai artici. Le microplastiche sono dunque ubiquitarie ad entrano in contatto con migliaia di specie animali e vegetali.

Come è stato dimostrato gli effetti dell’inquinamento da microplastiche hanno numerose conseguenze sugli animali che vanno dal blocco dell’apparato digerente sino alla morte3, mentre non vi sono dati che dimostrino danni sull’uomo sebbene le sia WHO che FAO indicano di ripetere gli studi quando verranno superati alcune limitatezze tecnologiche6.

Questa tipologia di inquinanti nei cosmetici hanno numerosi ruoli, ed in particolare le microplastiche sono state utilizzate come agenti abrasivi sia cutanei (scrub) che orali (dentifrici), ma anche come film formers, opacizzanti, rivestimenti di pigmenti, ma anche per incapsulare le fragranze, creare effetti soft focus o semplicemente come glitter. Particolare attenzione meritano i microgranuli contenuti negli scrub, in quanto l’85% circa delle microplastiche cosmetiche deriva dai prodotti a risciacquo7. La ragione per cui questi agenti inquinanti per il nostro pianeta sono stati a lungo utilizzati è la concomitanza di numerosi fattori, quali: un basso costo per le aziende, granuli di qualsiasi dimensione e colore e densità, sono estremamente stabili in ogni tipo di formulazione. Inoltre l’inerzia chimica del polimero evita che possa reagire con altri ingredienti, hanno bassa carica microbica e non sono allergizzanti.

L’Italia a partire dal gennaio 2015 cominciò a lavorare per eliminare le microplastiche dai cosmetici a risciacquo. Infatti venne presentata alla Camera dei Deputati la proposta di legge “Norme in materia di certificazione ecologica dei prodotti cosmetici” il processo fu estremamente travagliato, ma grazie ad un emendamento presentato alla legge di bilancio 2018, fu vietata la messa in commercio di prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente a partire dal primo gennaio 20208.

Nel frattempo nell’ottobre 2015 venne pubblicata, da parte di Cosmetic Europe, associazione europea delle aziende cosmetiche, una raccomandazione che invitava le aziende associate a interrompere volontariamente entro il 2020 l’uso di particelle solide in plastica, non biodegradabili nell’ambiente marino, utilizzate nei prodotti da risciacquo esfolianti e detergenti. Questa autoregolamentazione ha raggiunto risultati importati riducendo di oltre il 97% l’utilizzo di microplastiche cosmetiche nel periodo tra il 2012 ed il 2017; ma nel gennaio 2018 l’ECHA, l’agenzia europea per le sostanze chimiche, ha evidenziato la necessità di eliminare le microplastiche primarie, non solo cosmetiche, presentando una notifica di intenzione di restrizione. Da quel momento il processo legislativo europeo è proseguito vedendo la fase delle consultazioni pubbliche molto partecipata. Prossimamente si aprirà l’ultima fase del processo di restrizione, quello della «decisione e follow up», che porterà alla formulazione del testo della restrizione. L’esito è piuttosto incerto in quanto coinvolge ambiti estremamente diversi (cosmetico, farmaceutico, agricolo e sportivo) ma nel solo ambito cosmetico lo stesso polimero può avere forme ed usi diversi, rendendo la stesura del testo di restrizione estremamente complessa7.

Al di fuori dei confini europei è interessante notare come le restrizioni all’utilizzo di microplastiche si siano succedute a partire dal 2015 coinvolgendo un numero crescente di Paesi, spesso come conseguenza del divieto imposto dal diretto partner commerciale.

Le aziende di materie prime, in seguito al crescente numero di provvedimenti adottati per ridurre questi inquinanti, hanno cominciato ad offrire un crescente numero di alternative. I più utilizzati, anche storicamente, sono quelli di origine naturale.

La categoria più ampia e variegata è rappresentata dalle erbe e spezie che possono offrire granuli estremamente morbidi come quelli derivanti dallo stelo di bamboo10, petali di rosa oppure molto più abrasivi come la luffa, la canapa ma vi sono anche la tagua, amaranto, noce moscata, murumuru buriti o anidroba. Anche i gusci e noccioli come quelli di avocado, cocco, o la più classica noce possono essere utilizzati. Sono generalmente stabili ma allergizzanti e molto abrasivi, mentre gli esfolianti ricavati dai semi sono molto più delicati ma non altrettanto stabili e presentano un elevato rischio microbico. I semi permettono di creare formulazioni che ricordano delle puree di frutta utilizzando semi di fragola, kiwi, maracuja, fico d’india e molti altri. Alcuni esfolianti, sono costituiti da frutti come il limone, kiwi o arancia, ma presentano un alto rischio microbiologico ed una stabilità limitata.

Sali e zuccheri possono essere utilizzati sebbene presentino problemi di solubilità in acqua. Sono apprezzati da sempre dai consumatori soprattutto quando la derivazione è esotica come per il sale di Kalahari o dell’Himalaya o lo zucchero di cocco.

I minerali sebbene tendano a precipitare, a causa della densità, sono degli ottimi sostituti al polietilene offrendo formulazioni che possono essere economiche utilizzando, ad esempio, pomice, ma anche prodotti più “luxury”, contenenti minerali pregiati quali i diamanti.

Infine le cere naturali come quella di carnauba, riso o candelilla sono estremamente dermocompatibili sebbene abbiano problemi di stabilità ad alte temperature.

Le alternative di origine semisintetica possono derivare dalla fermentazione batterica come l’acido polilattico o i poliidrossialcanoati. Questi polimeri vengono creati in seguito a fermentazione di specifiche tipologie batteriche in condizioni controllate. Sono biodegradabili e permettono al formulatore di scegliere tra un’ampia gamma di dimensioni e colorazioni11.

Molto utilizzati sono anche gli esteri di jojoba derivanti dalla trans esterificazione o idrogenazione dell’olio di jojoba. I granuli così ottenuti sono ipoallergenici e non irritanti.

L’acetato di cellulosa risulta essere un’ottima alternativa al polietilene in quanto estratto da fonti rinnovabili, biodegradabile, facile da sospendere, ipoallergenico ed è relativamente economico10. Ma vi sono anche altre alternative come l’olio di ricino idrogenato e la cera di lignite esterificata.

Esistono poi alternative completamente di sintesi come le cere sintetiche che possono essere prodotte con tecniche di chimica verde e sono in grado di degradarsi non impattando sulle future generazioni10.

Per concludere è importante evidenziare che sebbene i microgranuli plastici presentassero molteplici benefici, l’industria cosmetica, concomitantemente alle varie legislazioni nazionali europee, si è impegnata nel ridurre questo tipo di agente inquinante credendo fortemente nella creazione di prodotti ecologici. Grazie alle aziende di materie prime sono già disponibili numerose alternative, ognuna con i propri pregi e difetti. Le aziende cosmetiche si sono spesso distinte per la capacità di adattamento tramutando limitazioni in nuove opportunità commerciali grazie al marketing ed importanti investimenti in ricerca e sviluppo.

È fondamentale, affinché queste restrizioni portino a dei risultati, che i maggiori mercati cosmetici mondiali, come anche le singole nazioni si uniscano a questo importante cambiamento.

Inifine un ruolo chiave è giocato proprio dai consumatori che grazie ad iniziative “plastic free” o “0 plastic” si dimostrano sempre più consapevoli in merito a temi ambientali. L’attenzione è rivolta non solo al packaging, ma anche alla composizione, desiderando una beauty routine sempre più ecologica che si prenda cura non solo della nostra pelle e della nostra bellezza, ma anche del nostro pianeta.

Fonte:
Le Microplastiche nei cosmetici
Autore: Sofia Chinelli
Tesi di Laurea Anno Accademico 2019/2020
Relatore: Prof.ssa Anna Buonocore
Correlatore: Prof.ssa Maria Concetta Romano
Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma) | Facoltà di Medicina e Chirurgia | Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Cosmetologiche

Riferimenti bibliografici:

https://www.degruyter.com/view/journals/pac/84/2/article-p377.xml. Terminology for biorelated polymers and applications (IUPAC Recommendations 2012) (PDF), in Pure and Applied Chemistry, vol. 84, n. 2, 2012, pp. 377–410, DOI:10.1351/PAC-REC-10-12-04.

https://echa.europa.eu/it/hot-topics/microplastics

Y. Andersson-Skold, M. Johannesson, M. Gustafsson, I. Jarlskog, D. Lithner, M. Polukanova, A.M. Stromvall. Microplastics from tyre and road wear a literature review. Maggio 2020. Pp 9-26.

24. S. Allen, D. Allen, V. R. Phoenix, G. Le Roux, P. D. Jiménez, A. Simonneau, S. Binet & D. Galop. Atmospheric transport and deposition of microplastics in a remote mountain catchment. Nature Geoscience volume 12, pages339–344,15 April 2019.

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